NotaBene – Massimo Folador

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Verso fine anno tutti noi, chi più chi meno, siamo alle prese con le classiche analisi sulle cose andate bene o meno, i resoconti dei risultati ottenuti e un tentativo di azzardare delle prime previsioni sull’anno che sta per iniziare. Un’attività che per alcuni versi è estremamente utile, per altri forse scaramantica ma che ha in sé aspetti positivi e alcuni rischi. Un tempo fondamentale per chi lavora e per chi ha delle responsabilità ancora maggiori, perché alla guida di aziende, di team o di progetti.

Allora mi è sembrato interessante in questo NotaBene di fine anno fare alcune riflessioni proprio su questo passaggio, e le domande che porta con sé, e su come provare a renderlo più utile e capace di fornire spunti e motivazioni.

La prima, semplice ma spesso nascosta, possiamo mediarla dagli strumenti vecchi e nuovi che aiutano l’impresa a valutare il proprio anno lavorativo: da una parte il bilancio di esercizio e, dall’altra, tutti gli strumenti che oggi supportano la rendicontazione dei cosiddetti “capitali intangibili”. In prima battuta possono sembrare strumenti di rendicontazione che condividono alcune analogie: entrambi rispondono a dei criteri di riferimento, al loro interno ci sono misurazioni precise e conducono a delle osservazioni chiare e definite. Certamente è così, anche se questi strumenti assolvono a degli obiettivi diversi: i primi valutano le performance economico/finanziarie, i secondi quelle sociali/ambientali e di governance. In una parola sono facce della stessa medaglia ma forniscono di quella medaglia due volti diversi. La prima domanda allora potrebbe essere: quale faccia della medaglia voglio osservare? Entrambe? Una soltanto, magari rinunciando ai particolari?

Questa osservazione può valere anche per i “resoconti” personali che proviamo a fare puntualmente a fine anno: quali risultati valutiamo perché importanti? Quelli lavorativi, fondamentali nella vita di ciascuno, oppure le relazioni, gli affetti, le amicizie? O entrambi ancora una volta? E cos’altro mettiamo al centro delle riflessioni perché decisivo per noi? Non è poca cosa, di fronte ad una valutazione, avere la capacità di decidere che cosa è bene e utile valutare, cosa ha prodotto e produrrà valore. Chi mi conosce sa che tra i tanti insegnamenti della saggezza antica uno mi colpisce da sempre per la sua cruda verità: “Là dove c’è il tuo tesoro, là c’è il tuo cuore” afferma il Vangelo di Matteo, senza specificare se è un vero tesoro o viceversa un abbaglio; semplicemente ribadendo il nesso tra ciò che poniamo tra i desideri e le esigenze e la bontà della vita stessa.

Ma una volta stabilito qual è il “tesoro” su cui soffermarci e conseguentemente analizzare i risultati raggiunti e da enumerare, serve chiedersi se si possiedono  gli strumenti, le competenze e, aggiungo io, la serenità d’animo e l’onesta intellettuale per far sì che da questo processo emergano delle osservazioni in grado di dirci, come persone e professionisti, come famiglia o come impresa, come è andato il nostro anno, quale e quanto valore abbiamo prodotto, quanto saranno “sostenibili” nel tempo i risultati raggiunti.

E, non ultimo, individuare le azioni che ci hanno permesso di accrescere, o meno, i “capitali tradizionali” economici e finanziari, ma anche quali e quanti “versamenti” concreti, per usare una metafora che rende bene l’idea, abbiamo fatto nel conto corrente del capitale umano, relazionale, fiduciario. Che, nel caso dei capitali intangibili, sono investimenti in welfare, in formazione, nella gestione quotidiana dei collaboratori, nella crescita di una relazione autentica e positiva, nella cooperazione e collaborazione con tutti gli stakeholders. Tutte quelle scelte che alla fine producono quella “fiducia” che oramai sappiamo essere forse il capitale più concreto e produttivo che possiamo generare in azienda.

A questo punto mi lascio e vi lascio con la bellezza e il gusto di entrare nella gioia e nella malinconia dell’anno che sta per terminare, nei suoi obiettivi mancati ma anche nelle soddisfazioni, nei risultati così come nei fallimenti, sapendo che il futuro resta sempre un dono e un’opportunità, da cogliere con coraggio e consapevolezza.

Buon Natale e buon anno nuovo, di cuore.

Massimo