NotaBene – Massimo Folador

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In questo numero del nostro Diario di Askesis vi presentiamo la nostra ultima Relazione d’Impatto. L’Europa e le nuove normative che riguardano la sostenibilità ci stanno portando a dare sempre maggior peso a strumenti valutativi e rendicontativi, come la Relazione d’Impatto o il Report di Sostenibilità, introducendo degli obiettivi importanti che riguarderanno via via tutte le imprese.  Serve però porci una domanda sulla effettiva portata di questa innovazione: perché, aldilà degli obblighi normativi, è un cambiamento utile e strategico? Perché può diventare uno strumento di pianificazione fondamentale per qualunque impresa?

Molti strumenti di rendicontazione, a partire dal Bilancio di esercizio, ci hanno abituati all’idea che ciò che va misurato sono le attività poste in essere dall’azienda e, in particolare, i numeri che da essi derivano. Ma le teorie sulla complessità o semplicemente il buon senso e la nostra esperienza quotidiana, ci dicono che il contesto, sia esso di mercato o sociale e ambientale in senso lato, è sempre più “governato” da relazioni e correlazioni. Basti pensare a quanti effetti hanno prodotto sull’economia locale eventi nati da relazioni con mondi apparentemente distanti, vedi le prime crisi finanziarie americane, la guerra in Ucraina o il problema delle migrazioni. L’impresa è sempre stata un “sistema aperto”, oggi ancora di più, la cui sostenibilità economica, ovvero la sua capacità di durare nel tempo, è principalmente data dalla sua capacità di tessere relazioni di “bene comune” con tutti gli stakeholder, siano essi collaboratori, clienti, fornitori, la comunità locale, l’ambiente. Relazioni win-win direbbero gli inglesi in modo sbrigativo ma chiaro.

Grazie a questa necessità che per tanti amministratori oggi è divenuta consapevolezza e strategia, i dipendenti si sono “tramutati” in collaboratori, con tanti clienti si comunica continuativamente quasi fossero soggetti interni all’azienda, i fornitori spesso sono “partner” e finalmente cominciamo a conoscere i sindaci delle città dove operiamo, creiamo collaborazioni con le scuole e le associazioni legate al territorio. In altre parole stiamo ponendo in essere un “nuovo” paradigma, in cui l’impresa si nutre, cresce e si sviluppa proprio grazie alla bontà e alla continuità dei legami che pone in essere, degli obiettivi che si prefigge, delle strategie e azioni che mette in atto, dei risultati perseguiti, analizzati, misurati affinchè queste relazioni possano crescere e nutrire reciprocamente gli attori coinvolti e il sistema di cui fanno parte. L’ottica dell’interscambio è fondamentale per un organismo vivo come l’impresa, così come la sua capacità di adattarsi al cambiamento.

Per questo nel cuore delle Società Benefit, che sono un macrocosmo crescente di imprese che si fanno sfidare da questa strategia d’impresa, è cruciale la relazione d’impatto, perché è importante che, assieme alle attività e ai risultati, si sia in grado di monitorare, rendicontare e raccontare come gestiamo le relazioni con gli “attori” del nostro sistema, questo attraverso la spiegazione degli obiettivi, delle azioni e dei loro indicatori, ma anche attraverso una narrazione che è l‘unico modo per comprendere la bontà di una relazione e la sua capacità di perdurare nel tempo.

In fondo Antonio Genovesi lo aveva capito nel 1750 quando diede vita alla prima cattedra di Economia al mondo, che chiamò per l’appunto “Civile”, così come, molti secoli prima lo avevano scoperto i monaci benedettini che, nel fare impresa, avevano dato vita a delle “organizzazioni perfette” che altro non erano che comunità al servizio del territorio e delle persone che vi vivevano.

Da anni stiamo facendo tante attività di consulenza e di formazione su questi temi ma i vecchi paradigmi sono “duri a morire” e servirà tanta pazienza e lungimiranza assieme, tanta flessibilità, apertura al cambiamento e concretezza. E tanta innovazione, come quella che i nuovi strumenti di rendicontazione introducono.