Pensieri e Parole. I consigli di lettura di Askesis

4. foto recensione

“Manuale dell’etica efficace” di Vincenzo Linarello
Prefazione di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso


Per raccontare la novità di questo volume dobbiamo iniziare a spiegare brevemente chi è il suo autore, e che cosa ha fatto. Vincenzo Linarello è uno degli esponenti di maggior rilievo del movimento di rinascita sociale ed economica della Calabria. Nel 2003 ha co-fondato GOEL, una comunità di persone e imprese che si oppongono alla ‘ndrangheta, occupandosi di sviluppo sociale, moda etica, agricoltura biologica, turismo responsabile. Una rete di soggetti economici che hanno fatto dell’etica un presupposto culturale e uno strumento di azione, con risultati rilevanti a livello progettuale ed economico. Diamo qualche numero: GOEL è composta da 15 cooperative, 32 imprese, dà lavoro a 325 persone, generando un valore di produzione complessivo di circa 10 milioni di euro.

È ora più chiaro il titolo del volume: l’etica ben agita è uno strumento non solo giusto, non solo aperto alla comunità, ma efficace e produttivo, se nasce dall’assunto che la forza della trasformazione è nell’azione sociale e imprenditoriale insieme.

L’etica è efficace quando “risolve o previene i problemi senza crearne altri”: quindi, quando è una scelta consapevole e strategica, capace di intervenire nella struttura della relazione, dell’azione, della formazione. L’etica è efficace quando nasce dalla prassi, si sviluppa con la teoria e torna prassi con nuova linfa, con nuove iniziative e attività.

Il rapporto di un’azienda con gli stakeholder, a iniziare dai clienti, diventa quindi la costruzione di una relazione che non impone, ma con-vince; che ispira fiducia e senso di responsabilità. Il bisogno indotto di un prodotto, è un falso bisogno. Il bisogno di un prodotto non eticamente progettato (per es. non sostenibile ambientalmente o frutto di sfruttamento) è, ancora una volta, un falso bisogno.

In un mercato globalizzato, in cui però cresce anche la consapevolezza dei consumatori, l’etica diventa una leva competitiva: che non concorre però sul prezzo o sulla pubblicità, ma sulla qualità complessiva che l’impresa presenta all’esterno. Un’impresa che è pensata per soddisfare il bene comune è un’impresa che considera collaboratori, clienti, territorio come una comunità da servire. Costruisce in questo modo quello che l’autore chiama il “capitale fiduciario”: il prodotto dell’interazione di reputazione e fiducia che ha costruito nel tempo.

Naturalmente, per implementare questo processo la comunicazione è fondamentale: per trasmettere fiducia e buona reputazione, per sviluppare la rete relazionale che diventa “comunità”. La narrazione dell’impresa deve essere quindi consapevole, ma anche chiara e curata (esatta, diremmo noi citando Italo Calvino).

A questo punto del discorso, Vincenzo Linarello fa un passo in più. Se l’organizzazione sposa interamente questa visione, esprime totalmente la sua attitudine ad essere un corpo sociale; e in quanto corpo sociale, diventa un soggetto politico attivo, che propone alla comunità una sua visione del mondo.

Linarello parte da una weltanschauung che cerca nel capitalismo sociale cattolico la risposta alla crisi del capitalismo neoliberista, fino ad individuare nella sussidiarietà tra Stato, comunità, imprese e terzo settore un felice punto d’incontro della politica socio-economica del nostro Paese.