Notabene – Massimo Folador

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La reciprocità: fattore di sviluppo e agente di risultati

In questi ultimi anni tante scienze hanno rivolto la loro attenzione al tema della relazione: la pedagogia quando ci ricorda che l’educazione dei bambini è frutto di una relazione di cura; le neuroscienze quando indagano la dimensione sociale del nostro cervello e la sua capacità di “plasmarsi” proprio grazie ad esse; l’economia perché una strategia di sostenibilità si fonda proprio sulla capacità di un’impresa di essere “sistema” e, grazie a ciò, di stabilire delle relazioni proficue con tutti gli stakeholders.

Non è ancora scontata la consapevolezza che lo sviluppo sostenibile di un’azienda sia frutto proprio della sua capacità di creare una rete di relazioni realmente collaborative con gli stakeholders e non è scontata la capacità di costruire e sostenere nel tempo questo approccio. Ma se la sostenibilità, intesa chiaramente anche nella sua valenza più profondamente economica si fonda su un approccio sistemico delle relazioni interne ed esterne dell’azienda, è chiaro che essa deve fare leva proprio sulla capacità di strutturare una collaborazione continuativa e positiva con tutti gli attori del “sistema” e di incidere grazie a ciò sui risultati.

L’ottica, tuttavia, è diversa da quella a cui eravamo abituati, ovvero quella di una relazione che potremmo definire “biunivoca”: ad esempio la classica azione “commerciale” dell’azienda tesa a far sì che il cliente produca un’azione conseguente: il riacquisto; oppure la relazione che un’azienda sviluppa con i propri fornitori con l’obiettivo che gli stessi possano garantire forniture di qualità e tempestive. Questo è il risultato minimo di una “sana” relazione con i nostri stakeholders; un risultato che tante aziende hanno già raggiunto e che è alla base della creazione di quel “sistema” a cui è orientata ogni strategia che mira a sviluppare risultati che durino nel tempo. Ma questa modalità non basta, in quanto manca di ciò che già l’Economia Civile e Antonio Genovesi – a cui venne affidata a Napoli nel 1754 la pima cattedra al mondo di Economia (altro primato poco conosciuto dell’Italia) – portavano in nuce nei loro insegnamenti.

Genovesi fonda una parte rilevante del suo pensiero sul concetto di reciprocità, ovvero la certezza, così come indica la parola latina stessa, che ogni scelta, ogni comportamento matura delle conseguenze reciproche, ovvero tendenti a “chiudere il cerchio” in modo positivo o il suo contrario. In fondo è anche una legge della fisica: non esiste azione che non porti con sé una reazione. L’ottica di Genovesi, tuttavia, è più ampia e anticipa i tempi perché l’economista salernitano parla di economia e di società e ha chiaro che gli attori di questi sistemi sono molteplici e integrati e che il risultato finale delle loro relazioni è dato da più elementi: chiaramente la positività stessa delle loro relazioni e il loro orientamento al bene comune, ma anche l’“intreccio” frutto della reciprocità positiva che in un sistema integrato queste relazioni sanno generare. Non più solo da A verso B e ritorno, ma anche da A verso B, con una risposta positiva che nel tempo potrebbe tornare ad A da C, cioè un altro attore del sistema. Nella gestione di sistemi complessi è proprio l’interdipendenza positiva tra gli elementi che determina il suo funzionamento, così come chiaramente il suo cattivo funzionamento, quando le relazioni non sono lineari e reciprocamente costruttive.

Rapportare questo concetto oggi alla gestione di un’impresa significa prendere atto di questa reciprocità tra gli attori interni ed esterni: i collaboratori, i clienti, i partner/fornitori, la comunità locale, l’ambiente, e muoversi coerentemente e in modo lungimirante in questa direzione. Se la reciprocità non è più solo biunivoca –  da azienda a cliente e viceversa, da azienda a fornitore e viceversa – ma diventa circolare e connette, con pesi e investimenti diversi, tutti gli stakeholders, allora una qualunque relazione, se integrata in una strategia positiva, potrà diventare un fattore di sviluppo e un agente di risultati. Gli esempi possono essere illimitati, a partire da una collaborazione reale con le scuole di un territorio per provare a limitare il problema degli inserimenti, o allo sviluppo di processi e prodotti innovativi grazie ad un rapporto fiduciario con i partner, o alla collaborazione con le istituzioni per migliorare il territorio in cui opera l’azienda.

Il racconto di come una relazione autentica, collaborativa e tesa al win-win può andare ben oltre un primo risultato visibile, perché crea fiducia, reputazione, valore nel tempo.

Questa modalità di gestione del sistema impresa già oggi è uno dei pilastri su cui costruire un “Piano strategico di sostenibilità” e il tema centrale su cui poggia una parte fondamentale del lavoro di Askesis e questo fa sì che in futuro non dovremo più solo parlare di comunicazione, promozionale e pubblicitaria che sia, ma le attività dovranno nascere in un’ottica di costruzione e rafforzamento di una relazione con gli stakeholders orientata da “Modelli di relazione” tesi a veicolare, in modo identitario e personale,  contenuti e principi, a creare partnership fiduciarie, a tessere reti che producano valore per il sistema nel suo complesso. Questo è l’obiettivo che ci siamo posti dando vita ad un progetto di consulenza che lavora sul “Modello di relazione” dell’azienda, questo è quello che proviamo a fare ogni giorno con la cura e la “generosità”, direbbe ancora Genovesi, che serve avere in ogni relazione, ogni momento. Non è semplice, non nel breve termine soprattutto, gli ostacoli sono ancora tanti, non ultimo una consapevolezza ancora agli inizi, ma da tempo si vedono dei primi risultati economici, al di là del piacere, estremamente concreto e produttivo, di vivere e lavorare accanto a persone e realtà con cui condividere un percorso, gli oneri ed onori dello stesso, il futuro