Notabene – Massimo Folador

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Kronos o Kairos? Come gestiamo il nostro tempo?

Proprio i giorni scorsi con degli amici ricordavo un gennaio di tanti anni fa in cui, per la prima volta, mi recai all’Eremo di S. Caterina, un luogo di una bellezza quasi indescrivibile sul lago Maggiore, per fare il mio primo incontro con la comunità che poi mi avrebbe ospitato tante volte e supportato nel mio cammino personale, professionale e spirituale. Lo ricordo oggi perché gennaio, per sua natura, è un bel momento in cui fare propositi e pianificare le azioni più importanti dell’anno ma, soprattutto, perché proprio grazie a quegli incontri ho avuto la possibilità di dare un altro nome e volto alla gestione del tempo, un elemento cardine della vita di ognuno di noi e di ogni impresa. E strumento fondamentale per far si che il nuovo anno sia veramente foriero di un tempo “buono”, ricco di progetti, idee e speranza e non solo l’insieme, quasi matematico, di ore e giorni.

E vorrei proprio partire da alcuni spunti che possono aiutarci nel provare a dare un indirizzo che abbia senso e bellezza ai giorni che verranno, sia personalmente nella vita di tutti i giorni, che nell’attività lavorativa.

La prima riflessione riguarda proprio il concetto di “tempo” che per noi, a volte, è semplicemente un insieme di giorni, al punto che addirittura possiamo confonderlo o sovrapporlo al “tempo metereologico”, mentre i latini li ben differenziavano, a sottolineare l’importanza del primo. Come anche i greci o tutta la spiritualità benedettina che suddivideva il “tempo” in kronos e kairos. Il primo, come tante volte proviamo ad approfondire nei corsi che teniamo nei monasteri, è il tempo “cattivo”, quello che non basta mai, il tempo che sprechiamo e che spesso ci fa guardare al futuro con preoccupazione e paura talvolta. Il secondo invece è il tempo “buono”, quello che sentiamo scorrere pieno di vita, quello che raccoglie le opportunità e le fa diventare progetti, quello che di fronte al nuovo supporta la speranza e con questo le energie.

Di fronte a questa suddivisione che sappiamo verissima (chi di noi non fa esperienza dell’uno e dell’altro), la cultura benedettina ci fornisce alcune regole, molto presenti in quel libro “ostico” ma affascinante se lo si sa leggere, che è la “Regola” per l’appunto. La prima riflessione ripesca il concetto di horae, le ancelle del tempo, a ribadire il fatto che anche nel 2025 di fronte non avremo un anno, nemmeno delle settimane o dei giorni, bensì delle ore, ovvero delle unità di misura più piccole che possono essere più agevolmente pianificate, usate, misurate. Per i monaci l’unità di misura utile a gestire al meglio il proprio tempo è proprio l’ora, intesa non propriamente come “60 minuti” ma come un’unita, uno “slot” di tempo da pianificare, organizzare e al quale attenersi, seppur a fatica. Di qui il fatto che tutta la vita di un monaco è pianificata attraverso un ritmo sapiente fatto di ore dentro cui trovano spazio la dimensione fisica del lavoro e del tempo libero, quella intellettuale dello studio e sempre del lavoro e della relazione e, per loro (e forse anche da questo dovremmo imparare qualcosa) quella spirituale, fatta di meditazione, preghiera, ma anche di lavoro e di relazioni autentiche. Una scelta di “nutrire” ogni giorno tre dimensioni essenziali per la nostra salute e la nostra felicità che si rifà a una saggezza antica che abbiamo, ahimè, dimenticato, ma che forse, l’inizio di un anno nuovo che tutti vorremmo pieno di un tempo felice, dovrebbe ricordarci.

La parola greca temno che significa “tagliare, suddividere”, è all’origine della parola “tempo” e proprio da questa suddivisione in parti equilibrate deriva la bontà del nostro tempo futuro e presente e di quello spostamento verso un tempo “kairos” delle nostre ore. Non resta quindi che affidarci alla nostra capacità di darci un ritmo, ma, come la Regola insegna, non esiste uno strumento di pianificazione utile per tutti, ma esiste invece la possibilità di comprendere sé stessi, le proprie esigenze, valori e desideri, comprendere quelle degli altri, e iniziare un lavoro accurato per stabilire i criteri intorno ai quali fare delle scelte quotidiane, orarie direi, usando ancora i riferimenti precedenti. Una cosa molto pratica che si affina nel tempo, anche grazie al continuo ascolto di sé, dei successi ma anche dei tentativi andati male, che migliora anno dopo anno (a cosa servirebbe l’esperienza se non a migliorare il tempo della vita?). A partire da domande molto concrete. A che ora è bene che la mia giornata inizi? Quanto tempo dedico al lavoro, quando, con chi? Quando è bene che io mi fermi per dedicare del tempo alla famiglia, alla mia dimensione spirituale, alle mie passioni?

Si aprirebbe qui una riflessione sulle virtù che altro non sono se non una guida sapiente alla gestione del “che cosa fare, come e quando”. A questo punto, come l’ultima virtù cardinale ci indica, resta una scelta fondamentale: dare vita con continuità e fermezza alle scelte che abbiamo compiuto, alle “regole” che ci siamo dati. Solo il ritmo buono, dato dalle scelte quando queste diventano passi concreti e continui, trasforma il tempo in kairos e dispiega così tutta la sua bellezza. “Il presente è un dono” mi diceva un’amica saggia “e proprio per questo lo chiamiamo presente, come chiamiamo i doni più cari”.