Intervista a Paolo Nusiner

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“Non dobbiamo avere timore del cambiamento, bisogna invece essere protagonisti del cambiamento: e questo è possibile farlo attraverso una formazione costante e continua”

Paolo Nusiner è Direttore Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore per gli Affari Generali del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e Presidente dell’Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola. Fa parte inoltre del Consiglio di Amministrazione dell’Opera Sant’Alessandro di Bergamo e del Consiglio Superiore di Coordinamento della Pontificia Università Lateranense.

 

Ci può innanzitutto raccontare la sua storia di manager in istituzioni dal forte impianto valoriale?

Ho avuto la fortuna di aver iniziato la mia carriera professionale nell’ambito di realtà industriali molto solide. Ho lavorato per tanti anni nel gruppo Italcementi, acquisendo una cultura manageriale molto ben strutturata e impostata a un riferimento valoriale importante del mondo imprenditoriale.

Successivamente ho avuto l’opportunità di entrare nel mondo delle imprese, delle attività, delle organizzazioni che hanno come riferimento i valori cattolici. Ho fatto per 18 anni il Direttore Generale in Avvenire. Durante questa esperienza sono stato chiamato da Papa Francesco per la gestione e la riorganizzazione di tutto il sistema dell’attuale Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, dove ormai sono 10 anni che svolgo la funzione di Direttore per gli Affari Generali, avendo ripensato e riorganizzato tutto il sistema comunicativo della Santa Sede. Erano presenti nove istituzioni indipendenti, le abbiamo aggregate con un nuovo approccio organizzativo nel Dicastero per la Comunicazione. Un processo di riorganizzazione, che ha prodotto risultati importanti, perché è un sistema oggi sicuramente più efficace, che ha allargato la forza comunicativa della Santa Sede in tutto il mondo, raggiungendo obiettivi anche in termini di efficienza e di riduzione dei costi di gestione della struttura.

Nel 2020 sono stato chiamato in Università Cattolica come Direttore Generale. Un ambiente molto interessante, perché improntato all’orientamento e al futuro dei giovani. È un impegno che sento molto, perché tutta la struttura dell’Università ha come missione primaria aiutare i ragazzi nel loro percorso di crescita professionale, ma soprattutto umana. Quindi con un forte ancoraggio ai valori.

E da ultima, un’esperienza nella sanità cattolica: sono da due anni e mezzo presidente dell’Ospedale romano Isola Tiberina, che è stato oggetto di una grande operazione di salvataggio dal fallimento, di riorganizzazione e di rilancio. È una realtà che in poco tempo è stata di fatto recuperata. Il percorso di riorganizzazione e di ristrutturazione prosegue, abbiamo altre attività di riorganizzazione da compiere, ma già nel secondo anno siamo riusciti a portare la società in utile, e soprattutto siamo riusciti a ridare “dignità” a una struttura sanitaria storica per Roma e per i cittadini romani, con un’azione di recupero della dimensione valoriale dell’organizzazione, del rapporto con i pazienti e di tutto quello che ruota attorno alle loro esigenze.

 

In questi ultimi anni sono nati nuovi modelli d’impresa, che si rifanno anche a valori antichi e che hanno un valore molto forte anche per l’impresa italiana.

La fortuna che ho avuto – e che ho tuttora – è quella di lavorare in ambienti dove i riferimenti valoriali si abbinano alle competenze manageriali. Questo, secondo me, è un aspetto fondamentale. I nuovi modelli d’impresa, che iniziano ad avere una dimensione diffusa sul mercato, sono molto importanti proprio perché (gli esempi lo dimostrano) sono strutture che riescono ad essere molto efficaci nel raggiungimento della propria missione: quando si riesce a coniugare l’imprenditorialità con gli aspetti valoriali si producono risultati molto potenti. L’imprenditorialità, come è definita dalla Dottrina sociale della Chiesa, è l’atteggiamento, l’approccio che deve avere ciascuna persona lavori in un’organizzazione, qualunque ruolo ricopra.

Mi ritrovo molto con il lavoro di Askesis e di Massimo Folador nell’aver riscoperto che questi sono valori all’origine del monachesimo e della Regola di San Benedetto in una declinazione che è attualissima ancora oggi. Questo legame tra il passato e l’attualità ha una forza incredibile. I nuovi modelli, anche giuridici, rivalutano e danno la possibilità di applicare questi valori nell’ambito delle diverse tipologie di strutture organizzative che operano oggi.

Riguardo a questo aspetto ci sono due temi che sono fondamentali. Uno è, come dicevo prima, l’imprenditorialità come approccio individuale di ciascuno. L’altro è il valore della “cultura del lavoro”, che oggi si tende a sottovalutare. Io credo che sia fondamentale invece recuperare la cultura del lavoro, intesa come un obiettivo a 360° che riguarda lo sviluppo della persona. Quindi è un concetto molto ampio, che vede la persona realizzarsi nell’ambito dell’attività lavorativa, ma mettendo in gioco la sua sfera personale, convintamente, a partecipare a un progetto di bene comune. Il recupero della cultura del lavoro è oggi un obiettivo importante.

L’altro aspetto che dobbiamo recuperare è la formazione durante tutto l’arco della vita di tutte le persone, partendo dai giovani. In Università questa è la nostra missione prioritaria. Però è anche molto importante continuare a mantenere questo approccio formativo nel percorso di vita professionale di ciascuno: formazione alla cultura del lavoro e alla cultura dell’imprenditorialità manageriale individuale. Non tutti possono essere imprenditori, però tutti possono avere un approccio imprenditoriale. La formazione durante tutto il percorso della vita ci aiuta anche a interpretare e a vivere i mutamenti della società che, per fortuna, ci sono. Una società fissa, immobile sarebbe una disgrazia. Ecco quindi che non dobbiamo avere timore del cambiamento, bisogna invece essere protagonisti del cambiamento: e questo è possibile farlo attraverso una formazione costante e continua.

 

A suo parere, quanto è importante valorizzare la relazione dell’organizzazione verso i propri Stakeholder, i soggetti che costituiscono gli elementi del bene comune a cui fa riferimento?

L’impresa è sicuramente un sistema di relazioni, al suo interno e al suo esterno. È fondamentale quindi riuscire a gestire questo ecosistema di rapporti, tanto più in un ambito di condivisione di valori che sono propri dell’azienda, con alcuni partner che poi accompagnano il percorso dell’organizzazione. Questo va fatto ad ogni livello, sia nei confronti del mondo esterno, dei fornitori e dei clienti, ma anche delle strutture interne dei dipendenti e di tutte le persone che vi lavorano.

Più si riesce ad allargare questo ecosistema e più si va verso la condivisione del concetto di bene comune. In un mondo che tende sempre più ad andare verso l’individualismo, dobbiamo assolutamente recuperare una dimensione orientata al bene comune. Viviamo in una società che necessariamente è un contesto di relazioni e quindi, se non ci orientiamo in questa direzione, mandiamo in crisi proprio il modello relazionale della nostra società, del nostro modo di vivere civile. È quindi fondamentale cercare di allargare a tutti gli stakeholders il sistema di valori che regola l’organizzazione, nella direzione di un bene comune condiviso.

 

A suo parere quali leve possono contribuire alla crescita della responsabilità sociale dell’impresa? La leva fiscale, per esempio?

Non penso che quella fiscale sia la leva principale. È un beneficio che chiaramente fa piacere a tutte le aziende, ma credo che sia più importante lavorare per sviluppare un modello culturale di impresa: è questo che poi si può radicare veramente e produrre risultati positivi e duraturi, al di là delle normative fiscali o giuridiche.

Il modello della Società Benefit ha aiutato tantissimo, perché, secondo le modalità che sono state previste, è l’impresa stessa che dovendo elaborare il bilancio di impatto riflette e coinvolge tutto il sistema in questo tipo di riflessione. È stata un’ottima iniziativa e credo che ad oggi gli strumenti normativi non manchino. Noi stessi abbiamo fatto diventare l’Ospedale Isola Tiberina una Società Benefit: abbiamo compiuto questa scelta proprio nell’avviare il processo di rilancio della struttura.

Quello che è importante è lavorare sugli aspetti culturali e sulla formazione, l’abbiamo detto prima, a tutti i livelli, partendo dai giovani, che capiscano come un approccio all’impresa di questo tipo può essere veramente coinvolgente ed entusiasmante. Da questo punto di vista, il ruolo dell’Università è sicuramente importante sia per la formazione dei giovani che per mantenere attivo il dibattito a un livello più alto, e tenendo sempre il focus acceso su queste tematiche, che sono fondamentali per lo sviluppo della società.

Sono interessanti anche gli approfondimenti culturali, come quelli che Massimo Folador porta avanti da anni sulla riscoperta delle origini antiche di dinamiche assolutamente contemporanee, proprio per far capire come questi modelli d’impresa abbiano una radice profonda, ma anche un’estrema attualità.